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Biografia
Sono Michele Napolitano. Sono nato e vivo nella provincia napoletana. Laureato in Architettura, ho praticato la professione, ottenendo ovunque gradevoli riscontri. Attualmente sono funzionario nella pubblica amministrazione e amo il mio lavoro perché faccio cose e vedo gente.
Pratico l’artificio con un senso di precarietà, di mutazione continua. Scrivo d’istinto, da sempre, con stupore e naturalezza, per necessità animale. Dell’anima descrivo i paesaggi e racconto i presagi. Del corpo, la chimica e le pene. Dal mondo apprendo il mistero, la preghiera, la penitenza. Cerco il tutto ma voglio il nulla, a volte lo ottengo.
L’opera
Gli istinti sommersi sono le spinte, gli impulsi congeniti dove frana inconsciamente ogni scelta, verso i quali scivola prima o poi qualsiasi azione. La raccolta è una discesa nell’intimo alla ricerca di consapevolezza, di liberazione dall’apparenza e dalle sovrastrutture: vive dell’urgenza di conoscersi.
La poesia sedimenta l’esperienza del corpo attraverso la soggettività della spiegazione del mondo, è emozione che evolve, si eleva o regredisce. A volte stanca, essuda, è un sasso, è bianca. E’ una foglia che vibra sul ramo, l’ala che muove le piume: una trasfusione emozionale, un drammatico trastullo.
Le immagini interiori, visioni di istinti che vengono a galla, fuoriuscendo nella esteriorizzazione del percorso vitale -nel senso letterale di Vita che evolve e si racconta, si dispiega e si proietta- si coniugano al contrappunto visivo che è a sua volta emersione, cristallizzata negli inediti scatti di Felice Torella. Felice indaga l’impercettibile, catturando il moto dell’essere che attraversa lo spazio tangibile, e con sapiente tecnica ne preserva l’integrità eterea, rinunciando all’arbitrarietà del dettaglio.
Perché ho scritto quest’opera
Quando lavoravo già da anni agli scritti delle “Visioni”, nel confrontarmi con l’astrofisico Giovanni Covone, autore del meraviglioso testo divulgativo “Altre terre”, ho compreso che chi compone in versi gode del privilegio di essere immune dalla compilazione di un elenco delle fonti o delle citazioni (che spesso sono gratuite o equivoche, o magari lo diventeranno) nelle quali il lettore si imbatterà avventurandosi nel testo. La raccolta rappresenta per me il porto franco dove confluiscono sensazioni, emozioni e suggestioni che non hanno la pretesa di esplicare un teorema, di consolidare un tema: si affida al lettore che ne potrà attingere a suo piacimento, calibrandone le vibrazioni al proprio vissuto interiore o rapportandone le rappresentazioni all’esperienza personale.
Perché ho scelto di pubblicare con Bookapoem
L’evoluzione del mondo editoriale sta tracciando un solco tra gli imprenditori del prodotto letterario e gli artigiani del pensiero critico, autentici costruttori di cultura. Bookapoem si pone ambiziosamente nel piano del possibile utilizzando una strategia “bottom up”, ambigua ma efficace: l’editore seleziona e sostiene la propria linea, individuando l’opera che rappresenti un percorso coerente; il lettore ne valida la praticabilità, se la assume e la diffonde.
Estratto
La notte
È di notte
che increspa il risvolto della realtà
quando addensano i fantasmi della solitudine
e ogni suono acutizza la resa.
È di notte
che le costellazioni di necessità
rimettono la sincronia delle illusioni
arenate su finitimi stati d’attesa.
La notte mi accoglie
nella frana dei pensieri
mi seppellisce l’inganno
di acuminati massi confusi.
Finestre
Dentro di me
l’insopportabile arsura
che avvampa di prati dove un giorno vinti giacemmo
a contemplare il nostro essere,
coleotteri operosi che si arrampicano
sulla cima del mondo di un filo d’erba
senza mai cedere al dubbio
che la distesa di steli di papavero e speronella
possa un giorno diventare terra arata,
spazio utile alla raccolta dei frutti del grano;
che l’infinita bellezza che ci avvolge
– nel mentre ci accostiamo al vivere –
possa mutare nei flussi indifferenti delle stagioni,
quando altri e altri ancora
si sporgeranno appena dalla soglia
per curiosare sugli oceani del tempo.
Preghiera per la solitudine
Ti prometto
che avrò cura dei giorni,
che le ore banali
non saranno più invano.
Ti prometto presenza
alla malinconia improvvisa
per quei momenti che mai tornano
e i desideri che non si avverano,
l’attenzione sincera
per la noia e l’eccesso,
per le brevi passioni
che adescano lo spirito.
Tu intanto prometti
di essere nei miei giorni
il pretesto del tedio
e la fonte dei sogni,
il richiamo del volo
e la sostanzialità della terra.
Solo allora il tuo canto
sarò io che mi racconto,
sarai tu che ti specchi
nel medesimo gioco di scacchi.
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