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Una vita in orizzontale

12,00 

di Chiara M. Acquaviva
20%
160 copie
all´obiettivo
98
Giorni rimasti
Inizio campagna 10 dicembre 2025
Fine campagna 20 marzo 2026
Quantità
Modalità di spedizione
Consegna prevista per maggio 2026.
La spedizione avverrà tramite corriere espresso.

Spedizione gratuita per gli ordini nazionali da 3 copie in su (escluse zone di spedizione speciali).

Biografia

Chiara Maria Acquaviva è una bambina che inventa storie osservando le immagini nei libri. 

È una ragazza che ha deciso di scrivere un libro per raccontare la propria storia. 

 

L’opera 

Ogni dettaglio ha la propria rilevanza all’interno della mia raccolta, così anche al titolo è stata dedicata una pagina di presentazione. 

“Una vita in orizzontale” rappresenta un’attitudine, un modo di porsi alla vita che indica il ritrarsi dalla suo dinamico concetto. Non c’è uno sviluppo nè una regressione, solo il fluire dell’esistenza che trova sospensione in una posizione orizzontale -uno spazio di riflessione- di quando si è distesi, paralleli al cielo. 

La raccolta procede con l’alternarsi di testi in prosa e in poesia, riflessioni e sensazioni personali rientranti in tre macro sezioni che le definiscono. Ogni capitolo corrisponde ad un’area di vita che segue una logica emotiva anziché cronologica. 

“In punta di piedi” introduce il lettore all’aspetto più intimo dell’autrice; lo invita a seguirla nel vortice della sua coscienza per cominciare a conoscere l’immagine della sua interiorità. 

Con “Potatura” si vuole dar forma alla presa di coscienza secondo cui, certe volte, nella vita è necessario recidere certi legami per poter germogliare. Allo stesso tempo, però, presenta il dolore e la fatica implicati nell’atto di lasciar andare. 

Si conclude, poi, con una sconsolata accettazione. “Punti di sutura” rappresenta la prospettiva di una malinconica quiete. Tutto è in bilico o sanato, la pelle non sente più il calore della bruciatura, alla ferita non entra più aria ma rimane la macchia di quel che è stato. 

L’intero manoscritto assume un’impronta disfattista, risultato dell’adozione letteraria come mezzo di liberazione. 

 

Perché ho scritto quest’opera

Sono una persona analitica, per questo ho sempre temuto di dimenticare i dettagli che osservo e le sensazioni che vivo. Anche le esperienze peggiori credo siano fondamentali da ricordare, per poter capire come siamo arrivati ad essere chi siamo (eppure, spesso, non lo sappiamo ancora). 

Ho iniziato a scrivere fin da piccola, per avere uno spazio in cui la mia voce potesse risuonare senza far rumore. 

La scrittura, adesso, è uno sfogo che si proietta sul foglio anziché sulla pelle. 

È un modo per dar stabilità a quei pensieri che son soliti correre. È la maniera che ho di rendere apprezzabile il dolore. 

Ho scritto quest’opera senza aspettative: per mettermi in ordine, per lasciare qualcosa di me. 

Non scrivo per compiacere ma per esprimere. L’arte che mi circonda, però, mi ha fatto accorgere che la sua condivisione può essere un gesto altruistico.   

Così ho creato una dimensione in cui ci si possa sentire compresi 

Scrivo affinché qualcuno possa sentirsi per un momento parte di qualcosa, compreso; sentirsi confortevole anche fuori tempo (come per me lo sono stati i grandi della letteratura).

 

Perché ho scelto bookapoem

La conoscenza della realtà di bookapoem è avvenuta per puro caso, come se una serie di coincidenze nella vita mi avesse portata a incontrarla. 

Ho mandato il mio manoscritto ad innumerevoli case editrici ma questa è stata la sola che ha deciso di darmi fiducia, credendo al valore dei miei elaborati, forse più di quanto abbia mai fatto io. 

Quindi ritengo che, in realtà, a scegliere sia stata bookapoem: ha scelto, oggi, di dare a me una possibilità e domani, come in passato, di realizzare il sogno di una ragazza qualsiasi. 

 

Estratto

una vita in orizzontale

La vita è una linea. Un’immagine, seppur riduttiva, estremamente efficace.

Le variazioni che avvengono in questa sono rappresentabili secondo un moto ondulatorio che descrive il costante, ma mai uniforme, dinamismo della stessa.

Le alterazioni convergono sempre in direzione di due estremi massimali opposti: il bene e il male.

Dunque, è possibile sintetizzare la vita in una retta verticale, orientata verso un infinito positivo ed altresì uno negativo.

Altre volte capita, invece, di stare stesi – paralleli al cielo. Non si confida nell’ascesi e non ci si dispera per l’inabissamento ma si rimane sospesi, in uno stato di contemplazione in cui ci si lascia fluire lungo il più ampio orizzonte – il tempo.

E in bilico tra i due mondi – il sogno e il reale- si attende, inermi.

 

Frenesia del dubbio

Riecheggia nel cuore lo stridere dell’indifferenza

che brucia e graffia, come questo rigido inverno.

La coincidenza che si ripete,

in quel di Novembre.

Eppure ci ricasco sempre.

Di perpetuo mi chiedo quale male possa mai avermi sospinta fin qua, in un baratro senza fine, che si ripete senza logica.

Mi rimprovero e mi congelo, poi mi chiedo

sono davvero io a sbagliare?

Se troppo agisco oppure immobile, non trovo pace, non trovo medietà.

Perché tutti scappano da quel che desiderano?!

Perché mi cerchi? Perché mi illudi?

Se poi fuggi e sparisci.

Son tanto difficile d’amare?!

E resto sola,

nell’umidità della carezza che mi consola.

Gli occhi dissetano quelle secche labbra – ormai senza parole – con una lieve fessura per sospirare,

e rimuginando chiedersi

Quando, questo, potrà cambiare?

 

Vuoi risposte in un mondo di dubbi”

 

Come in apnea

Scendo sempre in profondità

senza accorgermi che il fiato

non basta più.

Necessito di una boccata d’aria,

che possa risvegliarmi dai torpori

che soffocano ed isolano

nella loro oscurità.

Ho bisogno di uscire allo scoperto

a risentir l’odor del vento

e assaporare il sale della vita

che si rischiara cristallina

sui passi in battigia.

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